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50 km all'ora

di Luigi Ercolani


L'Emilia-Romagna della tradizione contadina e dei motori. L'Emilia-Romagna del mangiare bene e dei biassanot, dei tiratardi che vivono la notte, non di rado facendo anche l'alba. L'Emilia-Romagna del parlare schietto e del fare la pace dopo una discussione.

C'è tutto questo, e molto altro, nel terzo film Fabio De Luigi come regista. Lo showman nato a Santarcangelo di Romagna che si divide tra la macchina da presa e la prova d'attore, dove è affiancato dal bolognese Stefano Accorsi.

Un romagnolo ed un emiliano, dunque, e difficilmente sarebbe stato possibile trovare una coppia migliore di questa per raccontare la regione natale di entrambi. La quale resta una terra ricca di storia e fascino, ma anche decisamente complicata, con un'anima doppia come doppio è il nome che porta.

A stupire è anzitutto a terza prova di De Luigi nelle vesti di regista. Conoscendolo per i suoi personaggi televisivi di carattere comico, dal cantante Olmo all'ingegner Cane, dal precario Medioman all'imitazione di Carlo Lucarelli, lo spettatore si approccia a questo lungometraggio aspettandosi la classica commedia contemporanea all'italiana, dai toni leggeri ancorché capace anche di stimolare qualche riflessione.

Tutti elementi che effettivamente sono presenti, ma che allo stesso tempo vengono accompagnati da una sotterranea patina di amarezza e rimpianto che non passa inosservata, incidendo con una venatura che si potrebbe definire come pessimistica su quelle che sono le aspettative dello spettatore nell'approcciarsi a questo film. A caratterizzare tale retrogusto drammatico è la frattura che in passato ha colpito la famiglia che si trova al centro della narrazione, frattura la cui origine viene via via svelata nel progredire del racconto.

Esattamente come i due protagonisti, anche chi guarda è portato ad abbandonare il punto di vista iniziale e ad abbracciare una prospettiva più a tutto tondo. Partendo da un Rocco che è stato il figlio fedele e sempre vicino al padre, di cui ha anche ereditato la professione, e da un Guido manager di successo abituato a risolvere tutto attraverso il denaro, il punto di vista si amplia, fino ad inquadrare al meglio pregi e difetti dell'uno e dell'altro.

I due fratelli non sono dunque come uno completamente positivo e l'altro completamente negativo, come una narrazione fatta di opposti (i biblici Giacobbe ed Esaù, Castore e Polluce, il Principe e il Povero, ecc.) ha forse mal abituato. Al contrario, via via che la storia si sviluppa possiamo scoprire in entrambi luce ed ombra, come in fondo di luce ed ombra insieme è composto l'animo umano nel suo complesso.

È la vicinanza fuori dalle rispettive zone di comfort tra due fratelli apparentemente così diversi a far emergere la convivenza di queste due anime. Tra una gag e l'altra, una situazione surreale e l'altra, lo spettatore sembra quasi invitato a non lasciarsi andare a giudizi superficiali verso chi gli è accanto, ma ad adottare una prospettiva più comprensiva, più dinamica, gettandosi alle spalle certi pregiudizi che, in fondo, potrebbero essere nati anche da valutazioni frettolose.

Pur nascendo come tanti altri film italiani, ovvero remake di un film straniero (per la precisione uno tedesco del 2018), 50 km all'ora si distacca dal mero calco pigro, e sfrutta la storia preesistente come trampolino. Raccontando un contesto culturale specifico come quello emiliano-romagnolo, e soprattutto, impegnandosi ad indagare l'animo umano.

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