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Antonio Ligabue: la magia dei colori e delle emozioni

Antonio Ligabue, nato il 18 dicembre 1899 a Zurigo, è una delle figure più emblematiche dell’arte naïf e uno degli artisti più significativi del Novecento italiano. La sua vita e la sua opera, caratterizzate da esperienze personali straordinarie e da una visione unica del mondo, rappresentano un capitolo fondamentale nella storia dell’arte italiana.


La vita

La madre Maria Elisabetta Costa, originaria di Cencenighe Agordino e nubile al momento della nascita di Antonio, registrò il figlio all’anagrafe con il suo cognome. Tre anni dopo, il 18 gennaio 1901, si sposò con Bonfiglio Laccabue, originario di Guastalla, che successivamente riconobbe il bambino dandogli il proprio cognome. Nel 1913 la madre e i fratelli di Antonio morirono a causa di un’intossicazione alimentare. L’odio profondo nei confronti del padre, ritenuto responsabile della loro morte, spinse il futuro pittore a cambiare il proprio cognome da Laccabue in Ligabue. Antonio fu quindi affidato a una coppia svizzera senza figli, Johannes Valentin Göbel ed Elise Hanselmann, con la quale sviluppò un legame profondo ma travagliato.

Ligabue soffrì di varie malattie e visse in condizioni economiche precarie, che lo costrinsero a continui spostamenti. Nel 1915, a 16 anni, fu espulso dalla scuola che frequentava. Nel 1917 fu ricoverato per la prima volta in un ospedale psichiatrico a causa di una crisi nervosa. Nel 1919, dopo un alterco con la madre adottiva, fu mandato via dalla Svizzera e trasferito in Italia in un piccolo centro della pianura emiliana, Gualtieri, dove iniziò a lavorare come bracciante. Fu in questo periodo che fu attratto dalla pittura, trovando nell’arte un sollievo al malessere interiore. Ma solo negli anni 30, dopo l’incontro con lo scultore e pittore Renato Marino Mazzacurati che lo incoraggiò, iniziò a dipingere con continuità trovando rifugio e ispirazione nella campagna. La natura e gli animali divennero i soggetti principali delle sue opere. Nel 1932 Ligabue fu accolto da Licinio Ferretti, flautista e collezionista d’arte, che lo aiutò a valorizzare il suo talento.

Nonostante i frequenti ricoveri in ospedali psichiatrici, Ligabue continuò a creare opere d’arte che lo avrebbero reso uno dei più importanti pittori naïf del XX secolo. Durante la Seconda Guerra Mondiale lavorò come interprete per le truppe tedesche, ma fu nuovamente internato in manicomio nel 1945 per aver aggredito un militare tedesco. Dopo la guerra riprese con maggiore intensità l’attività di pittore, attirando l’attenzione di critici e mercanti d’arte.

La carriera dell’artista prese slancio negli anni 50, quando le sue opere iniziarono a ricevere riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. La Biennale di Venezia del 1957 segnò un punto di svolta. Da allora ebbe l’opportunità di esporre le sue opere in molte importanti gallerie e la sua fama crebbe rapidamente. La critica iniziò a riconoscere il suo talento unico e Ligabue divenne una figura di riferimento per molti artisti.

Un incidente in motocicletta e una successiva emiparesi limitarono la sua attività negli ultimi anni di vita. Morì il 27 maggio 1965 e fu sepolto nel cimitero di Gualtieri. Poco dopo la IX Quadriennale di Roma gli dedicò una retrospettiva. Numerosi sono i riconoscimenti tributati a Ligabue, sia in vita sia postumi. Le sue opere sono esposte in importanti musei e gallerie, tra cui la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e il Museo d’Arte Moderna di Bologna. I suoi dipinti, molto ricercati da collezionisti e appassionati, raggiungono quotazioni molto elevate.


Lo stile

Ligabue è conosciuto per lo stile naïf, caratterizzato da una rappresentazione semplice e diretta della realtà. La sua arte è profondamente autobiografica e riflette stati d’animo, esperienze e un’intera visione del mondo. Avendo vissuto gran parte della vita in solitudine, le opere ritraggono spesso figure isolate in paesaggi desolati e creano una forte atmosfera di malinconia e introspezione. 

Uno dei temi ricorrenti nell’opera di Ligabue è il mondo animale. Intense e vibranti sono le sue rappresentazioni di tori, uccelli, cavalli e altri esseri viventi in pose drammatiche che ne mettono in luce la forza e la vulnerabilità, simboleggiando le emozioni e i conflitti interiori dell’artista. Ligabue ha una particolare affinità e un forte legame emotivo con il toro, animale capace di trasmettere una sensazione di potenza ma anche di fragilità. Un altro tema centrale è la natura: paesaggi rurali, campi, boschi, cieli tempestosi e scene di vita contadina, sono ritratti con colori vivaci e una luce intensa.

La vita e l’arte di Ligabue sono oggetto di studi, documentari e pubblicazioni. Un primo film su Ligabue, dal titolo “Il paese del sole a picco”, fu realizzato nel 1960 dal regista Rai Pier Paolo Ruggerini. “Antonio Ligabue, pittore” fu girato nel 1962 e distribuito nel 1965, anno della sua morte. Nel 1977 il regista Salvatore Nocita gli dedicò lo sceneggiato di tre puntate “Ligabue”, interpretato dall’attore trentenne Flavio Bucci, che lo fece conoscere al grande pubblico. Nel 2015 il docufilm “Antonio Ligabue, l’uomo” riporta testimonianze dirette di chi lo ha conosciuto e interviste a personaggi famosi. Per l’intensa interpretazione del pittore nel film del 2020 “Volevo nascondermi” Elio Germano ha vinto l’Orso d’argento al Festival di Berlino 2020 e il David di Donatello 2021, entrambi come miglior attore protagonista.


Ligabue a Bologna

Dal 3 ottobre 2024 fino al 28 febbraio 2024 si tiene a Palazzo Pallavicini di Bologna una mostra straordinaria dedicata all’artista, con oltre con oltre 120 opere, (di cui 81 dipinti, 14 sculture, 17 disegni e 15 incisioni). Le opere esposte permettono ai visitatori di scoprire la versatilità di Ligabue e la sua capacità di esplorare diversi temi e tecniche differenti, oltre a costituire un’occasione per riflettere su temi come la salute mentale, l’identità e la connessione con la natura attraverso un’esperienza immersiva. Ligabue non è solo un pittore ma un testimone della condizione umana, il cui messaggio trascende il tempo e lo spazio e rappresenta un invito a trovare la bellezza ovunque, anche nelle difficoltà e nella sofferenza interiore.


di Laura Scandellari

Presidente Fitel Emilia Romagna Aps


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