In occasione dei World Humor Awards, che si sono svolti a Busseto il 7 settembre, abbiamo incontrato Bruno Gambarotta, autore, conduttore e attore di grande talento, noto per il suo umorismo e per la capacità di raccontare storie di vita vissuta e storie della televisione.
Bruno, grazie per essere qui con noi. Iniziamo parlando della cultura in Italia.
Sono attento ai cambiamenti nei gusti delle persone. Io dirigo il Festival di Letteratura di Santa Maria Maggiore, giunto alla decima edizione. Da quest'anno ho iniziato a presentare non solo libri tradizionali, ma anche libri nati in rete, scritti da autori con centinaia di migliaia di follower. Questi libri arrivano come prodotto finale, non come prodotto iniziale.
I libri tradizionali vengono scritti e pubblicati, e una volta pubblicati inizia la vera battaglia: devono farsi conoscere tra gli 88.000 libri usciti nell'anno, bisogna organizzare presentazioni e implorare recensioni. In libreria restano per circa 24 giorni e poi spariscono. I libri nati in rete, invece, sono il risultato finale di un processo che inizia con l’interazione online con i lettori. Quest’anno, al Festival di Santa Maria Maggiore, ho invitato questi autori e abbiamo visto platee piene di gente.
Di cosa tratta il Festival?
Il Festival dura otto giorni in un paese di villeggiatura, e io devo trovare ogni giorno due persone che intrattengano il pubblico presentando i loro libri. Abbiamo sempre avuto un grande pubblico, ma mancavano i giovani. Così abbiamo chiesto a dei collaboratori volontari giovani chi avrebbero voluto invitare e hanno fatto dei nomi che non conoscevamo nemmeno. Li abbiamo chiamati e le platee si sono riempite di giovani. La cultura tradizionale, quella che nasceva dalle riviste e dai supplementi letterari, è ormai minoritaria.
Ad esempio io collaboro con TuttoLibri, un inserto settimanale della Stampa, e scrivo occasionalmente articoli. Tuttavia, molti dei miei amici che leggono La Stampa non si accorgono nemmeno dei miei articoli e mettono via senza leggere i supplementi letterari. Alla fine, leggiamo solo noi addetti ai lavori.
C'è una decadenza della letteratura?
Non lo so. Io non parlerei di decadenza: le cose stanno cambiando a grande velocità e non si può fare niente se non osservare.
Come vede la Rai di oggi?
Non guardo la televisione. Paradossalmente, quando ci lavoravo non la guardavo perché passavo tutta la giornata a vedere immagini. Dopo aver passato anche 12 ore al lavoro, non avevo voglia di guardare programmi, a meno che non dovessi vedere un programma specifico per apportare modifiche. Ora, in pensione, leggo, scrivo e faccio commissioni. Guardo solo i telegiornali e la rassegna stampa alla sera, alle 23, quando mostrano le copertine dei quotidiani del giorno seguente. Sono rimasto molto legato alla carta stampata: leggo giornali e libri di carta.
La carta stampata, quindi, ha ancora un fascino?
Per me sì, e poi sono figlio e nipote di tipografi, quindi sono nato con la tipografia e con la stampa su carta. Non ho voglia di cambiare.
Cosa pensa dei premi letterari e del mercato editoriale italiano, europeo e mondiale?
Purtroppo, non penso in grande. I premi servono a far conoscere i libri e ci sono meccanismi e una moltiplicazione di festival. Sono stato presente al Festival della Letteratura di Mantova dalla seconda edizione e li ho seguiti tutti. Quest'anno non sono presente perché coincide con i World Humor Awards. Ci sono manifestazioni ovunque, una in ogni comune, ma spesso attirano più chi fa cover musicali di cantanti costosi. Ricordo che in un comune della Sardegna quattro ragazzi facevano le cover di un cantante famoso e costavano più di un’intera settimana di presentazioni.
Sta scrivendo un nuovo libro?
No, sto solo prendendo appunti. Scrivere un libro non è nulla di che, ma poi bisogna promuoverlo, e questo mi stanca. Sono stanco di andare in giro. Fare un libro non è difficile; lo fanno tutti. Tuttavia, promuoverlo è un'altra storia. Devi creare una rete di relazioni, contattare le persone e chiedere loro di aiutarti a presentarlo. Questo comporta anche favori reciproci. Ad esempio, mi è capitato che una persona venisse a prendermi per accompagnarmi in un paese del Piemonte per presentare un libro, perché io non guido più. Durante il viaggio di ritorno mi ha dato un manoscritto dicendomi di dargli un’occhiata. Dopo una settimana mi ha chiamato per sapere se l'avevo letto. Il problema è che se non ti piace, ti fai un nemico; se ti piace, devi aiutare a trovare un editore, e io non voglio fare l’agente letterario, non voglio proprio. Bisogna che le scuole di scrittura si moltiplichino. Anni fa si sono moltiplicate le scuole di recitazione e si sono rivelate utilissime. Anche se non tutti diventano attori, frequentare queste scuole insegna a parlare e a modulare le parole. Lo stesso vale per la scrittura: frequentare scuole di scrittura può insegnare a scrivere, e questo va benissimo, ma da lì a diventare scrittori ce ne vuole.
E il teatro?
Il teatro è in continua evoluzione. Nascono ogni giorno figure straordinarie. Per mettere in piedi una commedia tradizionale, come Pirandello, o un dramma di Ibsen, sono necessari attori, costumi e scenografie, il che comporta un impegno economico notevole. Solo i teatri finanziati possono permetterselo. Tuttavia, esistono altri tipi di spettacoli, come la stand-up comedy, dove gli attori sono soli sul palcoscenico con due luci e un po' di musica, raccontano e, se attirano il pubblico, hanno successo. I giovani attori possono utilizzare questi canali per farsi conoscere nella programmazione teatrale di Torino e dintorni. La maggior parte degli spettacoli è di questo genere.
Quali sono i suoi progetti teatrali ?
Sto girando l'Italia con due musicisti, un flautista e un pianista. Quest'anno facciamo uno spettacolo dedicato a Puccini per il centenario della sua morte, Racconto la vita di Puccini e le trame delle sue opere, cercando di essere sintetico, mentre i musicisti suonano e cantano eseguendo le romanze famose. Abbiamo cominciato con Chopin e Mozart, poi l'anno scorso abbiamo fatto Morricone e quest’anno Puccini. Sono cose che una volta non esistevano. Abbiamo un sacco di appuntamenti: mi portano in giro e viene anche mia moglie Amalia. Ci ospitano e ci pagano anche, cosa si vuole di più?
Ci può parlare anche dell'umorismo? Il suo è un umorismo innato?
Circola molta satira, ma l'umorismo in sé è poco praticato. La grande stagione di umoristi come Marcello Marchesi e Flaiano è finita. Oggi ci sono grandi satirici come Ellekappa e Vauro, molto bravi e anche feroci, ma anche in quest’ambito le cose cambiano e questo non si può fermare. Ho sempre osservato le cose dall'esterno, senza mai esserne completamente coinvolto. Le osservo e le racconto, senza mai essere impegnato direttamente. Ecco, sono stato più uno yes man, un esecutore, uno sherpa, quello che prepara i materiali.
Per concludere ci può parlare della sua esperienza in Rai? Si è trovato bene?
Benissimo. Ho avuto grandi direttori che mi davano un copione da valutare il venerdì e per il lunedì dovevo giustificare perché non lo facevamo, o viceversa. Facevo ciò che mi chiedevano e non sono mai sceso in trincea per fare battaglie o imporre la mia personalità. D’altra parte ognuno paga quello che è. Rispetto a Guareschi, che ha pagato di persona per le sue battaglie e ha avuto conseguenze gravi, io ho avuto una carriera molto più tranquilla. Lui è stato in galera per aver pubblicato le lettere di De Gasperi a Churchill, ma d'altronde Guareschi era deluso dalla Dc, che era composta di persone corrotte.
Laura Scandellari
Presidente Fitel Emilia Romagna Aps