Chiamatemi Francesco-Il papa della gente
- Luigi Condor Ercolani
- 1 giorno fa
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di Luigi Ercolani

Una delle opere cinematografiche che hanno raccontato papa Francesco in maniera più suggestiva è sicuramente Chiamatemi Francesco. Scritto e diretto da Daniele Luchetti, questo film ripercorre la vita del gesuita argentino prima che salisse al soglio di Pietro.
L'arrivo del cardinale Bergoglio per il Conclave del 2013 è quello che porta lo spettatore all'interno della narrazione. Fin da principio il protagonista viene presentato come una persona molto umile e sobria.
Le sue meditazioni sul tetto del luogo in cui risiede sono il primo aggancio per un flashback sui suoi anni giovanili, e qui si vede come la personalità di Jorge sia stata fortemente plasmata dal contesto socio-culturale degli anni Cinquanta, caratterizzato da un clima teso. Da una parte ci sono infatti i peronisti, che accusano le istituzioni ecclesiastiche di aver favorito la cacciata di Perón, e dall'altra antiperonisti, che invece non vogliono che i seguaci del leader abbiano ancora margine per agire a livello politico.
Le scelte registiche di stampo autoriale contribuiscono a mostrare come il giovane Jorge agisca in una società in cui nessuno è al sicuro, ed in cui persino i gesuiti vengono spiati. Bergoglio si fa trovare disponibile a dialogare con tutti, malgrado sia messo sotto pressione anche dai suoi superiori. Sorgono inoltre diverse tematiche legate alla modernità a cui urge far fronte, in una realtà sociale che si fa sempre più frammentata.
In questa cornice già di per sé logorante, irrompe con tutta la sua violenza il dramma dei desaparecidos, ed iniziano ad essere perseguitati anche quei sacerdoti che provano a fare luce e a mobilitarsi, come Enrique Angelelli, il cui omicidio viene fatto sembrare un incidente. Anche la Chiesa finisce per dividersi, lacerata tra chi si impegna ad aiutare il popolo e chi tace perché pensa in prima battuta alla propria sopravvivenza: non si sa chi di fidarsi, perché anche chi aiuta può venire preso di mira.
L'interesse dei militari però è unicamente quello di non vedere insegnata la Teologia della liberazione, in quanto concettualmente marxista. In questo senso, l'opera di mediazione di Bergoglio è costante, e fa sì che numerosi oppositori possano essere messi in salvo grazie all'istituto che dirige.
Così, mentre i vertici della Chiesa mostrano un atteggiamento neutro, lassista, nei confronti delle violenze dei militari, il lavoro di ricucitura di Bergoglio viene frustrato dai crimini disumani del governo verso i dissidenti. A causa di ciò il protagonista finisce per allontanarsi da Buenos Aires, cercando di portare speranza in quelle zone rurali in cui domina lo sconforto.
Il suo vissuto si rivela quindi prezioso anche quando viene chiamato a fare da vescovo ausiliare a Buenos Aires, in quanto sa attuare un ascolto dal basso della comunità. La contrapposizione tra borghesi e poveri diventa uno snodo cruciale, perché presto lo stesso Bergoglio, e lo spettatore con lui, può rendersi conto di persona di come ci siano interessi economici che scavalcano la politica istituzionale e danneggiano direttamente le periferie.
Il protagonista è quindi proattivo nel prendere una posizione a favore dei poveri, facendo così sentire la Chiesa vicina agli ultimi. Allo stesso modo, nel ritorno al tempo presente della narrazione il futuro papa Francesco parla senza sconti anche dei problemi concreti che si ripercuotono all'interno della Chiesa, con una chiarezza di idee che risulta un tratto fortemente caratteristico della sua personalità. E forse, proprio per questo, determinante nella sua elezione.