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Comandante

di Luigi Ercolani

La settimana seguita all'uscita di C'è ancora domani ha visto non di rado un accostamento tra il film di Paola Cortellesi ed il Neorealismo italiano degli anni Cinquanta. Un abbinamento in un qualche modo centrato, in quanto tale lungometraggio presenta alcune caratteristiche peculiari del genere in questione, su tutte la rappresentazione della vita quotidiana di una classe operaia impoverita dalla guerra.

In questo senso, Comandante, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, si pone come una sorta di involontario prequel (absit iniuria verbis) di C'è ancora domani. Nelle battute iniziali, infatti, il regista Edoardo De Angelis si preoccupa anzitutto di offrire il punto di vista della gente comune la cui esistenza è stata sconvolta dallo scoppio del conflitto, ed in particolare di coloro che sono chiamati ad arruolarsi per combattervi.

A guidarli c'è un capitano, Salvatore Todaro. Ovvero un protagonista realmente esistito, che nella rappresentazione diegetica finisce tuttavia per assumere diverse peculiarità che lo rendono simile al Nemo di Ventimila leghe sotto i mari: la sua conoscenza delle dinamiche del mare, unita a quella tecnica relativa al proprio sommergibile, gli permette di fare previsioni verosimili di quanto succederà, e di predisporre contromisure che, per quanto possibile, favoriscano la salvaguardia dell'incolumità del personale a lui affidato.

Allo stesso tempo, tuttavia, il personaggio principale prende le distanze dal capitano di Jules Verne. Mentre quest'ultimo è infatti un misantropo ieratico e animato da desiderio di vendetta verso i popoli oppressori, il Todaro portato in scena da Pierfrancesco Favino possiede invece una leadership emotiva, in grado di scaldare i cuori dei propri uomini attraverso discorsi motivazionali che fanno leva sulle passioni, sulla sofferenza e sull'umanità.

Una condizione necessaria, specie considerando che in uno spazio ristretto come quello del sommergibile sono portati a convivere gomito a gomito marinai provenienti da contesti culturali molto diversi tra loro, presupposto che può avere risvolti positivi nei momenti di quiete, ma che può generare tensioni o addirittura scontri anche accesi quando sale la pressione ed è in gioco la vita dell'equipaggio stesso. In questo senso, sono resi in maniera marcatamente e drammaticamente realistica tanto il senso di oppressione, di claustrofobia, suscitato dalla coesistenza di tante persone in un contesto tanto circoscritto, quanto la rappresentazione dei meccanismi specifici che regolano il buon funzionamento dello stesso sottomarino.

Tutto ciò funge però da corollario a quello che è il vero messaggio cruciale di Comandante, ovvero il rimanere umani anche nelle disgrazie, quando invece sarebbe molto più facile (e per certi versi molto più comprensibile) abbandonarsi a una legge di natura che decida chi sopravvive e chi, invece, soccombe. Il comandante Todaro, infatti, non cede alla tentazione di questa autoregolazione, ma mantiene la propria umanità e sulla legge dei politici decisa a terra fa prevalere quella della lealtà del mare, conscio e fiducioso che altri uomini di mare come lui sapranno fare altrettanto quando saranno lui ed i suoi uomini ad averne necessità.

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