Pilastro della letteratura, fondatore della lingua italiana, esponente dello Stil Novo. Oggi, 14 settembre, esattamente 700 anni fa, moriva il Sommo Poeta Dante Alighieri.
Nato nella bella Firenze in un anno imprecisato a cavallo tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo, Durante Alighieri, è discendente della casata degli Alighieri, una nobiltà di seconda classe fiorentina. Attivo politicamente fin da giovane, come il padre, nella fazione dei Guelfi Neri, si scontra più volte con le cariche pontificie al potere.
Legato da un matrimonio combinato a Gemma Donati, Dante ha negato alla sposa il suo amore più puro donandolo a una sola donna: Beatrice. Attorno a lei ruota tutta la sua poesia d’amore, il suo primo romanzo La Vita Nova e la creazione di un nuovo archetipo letterario. Beatrice è infatti la donna angelo affasciante creatura femminile dai lunghi capelli biondi capace di elevare l’anima dell’uomo a tal punto da avvicinarla a Dio. Non a caso nella terza cantica della sua Commedia, è proprio Beatrice a condurre Dante attraverso il Paradiso.
È il 1300, precisamente il 7 aprile, quando Dante inizia il viaggio nella selva oscura, data coincidente con l’inizio del giubileo indetto da Bonifacio VIII, suo acerrimo nemico e fautore dell’esilio del poeta. Egli inizia a scrivere la discesa agli Inferi nella prima cantica della Commedia quando è già in esilio, vagante tra l’Emilia Romagna e le Marche, attorno al 1303-04.
Tema dell’opera che più lo rese celebre a livello mondiale è la perdizione. L’anima di Dante è persa in questa selva, circondato da bestie assetate di sangue, solo la luce di Dio lo può salvare. L’apparizione del divin Virgilio guiderà il poeta attraverso gli incubi dell’Inferno e del Purgatorio fino al Paradiso Terrestre, dove lì lo consegnerà a Beatrice.
Fin dagli antichi greci si è sempre parlato infatti di quale destino sarebbe toccato a chi avrebbe commesso un peccato in vita, basti pensare a Ade, il Dio dei morti, e del suo fedele cane a tre teste Cerbero. Raffigurazioni di demoni e diavoli sono intrinseche nell’arte e nella letteratura. Diviso in Otto Cerchi, l’Inferno dantesco è una delle rappresentazioni più precise delle tradizionali pene inflitte ai peccatori.
Ogni cerchio contiene delle anime che (quasi sempre) volontariamente si avvicinano per parlare con il poeta raccontandogli la propria storia, come se sapessero che quel comune uomo, una volta sceso l’Inferno e risalito Purgatorio e Paradiso, avrebbe riportato tutto per iscritto per tramandarlo ai posteri. I dannati incontrati da Dante sono tutte persone realmente esistite, conosciute o meno dall’uomo nella sua vita terrena. Ognuna con una pena diversa e dettagliatamente descritta. Da Paolo e Francesca nei lussuriosi che vorticano sospinti dal vento senza mai fermarsi, a Cavalcante dei Cavalcanti (padre del caro amico del poeta, Guido de Cavalcanti) nel cerchio degli eretici che giace in un sepolcro infuocato fino a Pier delle Vigne nel settimo cerchio dei violenti contro sé stessi che, trasformato in albero, è continuamente torturato dalla furia delle Arpie. Fino a scendere al cerchio più basso, il nono, dove risiedono i traditori dei benefattori quali Lucifero, Giuda e Bruto e Cassio, tutti maciullati da una delle tre bocche di Lucifero stesso.
La redenzione per i dannati degli Inferi è impossibile ma il viaggio del Sommo Poeta continua fino a risalire al Purgatorio. Qui, pene ben meno feroci attendono le anime nelle sette cornici divise secondo i
peccati capitali. Alla cima della montagna si trova il Paradiso Terrestre luogo in cui Dante può riunirsi a Beatrice e iniziare la sua ascesa attraverso i cieli del Paradiso fino a incontrare l’Altissimo nella candida rosa. Finita di comporre intorno al 1321, a pochi mesi dalla sua morte, la Divina Commedia resta uno degli esempi più complessi di letteratura in versi mai scritta. La struttura numerica perfettamente studiata (con le cantiche che sono tre come la Trinità, i canti di ogni cantica che sono 33 a sottolineare il numero 3 e quell’unica Commedia a indicare l’unicità di Dio), la veridicità storica delle biografie delle anime incontrate, la tempistica irreale in cui è riuscito a scrivere tutta l’opera (appena vent’anni!) sono solo alcuni delle caratteristiche portanti di questo autore.
Dante Alighieri, celebre anche per tutte le altre opere da lui scritte come il De Monarchia (un saggio politico), il De Vulgari Eloquentia (sulla lingua volgare) e la già citata Vita Nova, sarà sempre riconosciuto come una delle personalità più illustri italiane.
In questo particolare anno ricadono proprio 700 anni dalla morte, avvenuta per malattia probabilmente, mentre ancora era in esilio. Le città che ha toccato nel suo viaggio rendono omaggio al poeta con celebrazioni, mostre e spettacoli. Resta da chiedersi se tra altri 700 qualcuno scenderà di nuovo agli Inferi diretto al Paradiso facendosi condurre questa volta dal Sommo Poeta ormai esperto delle tappe di questo faticoso viaggio. Ci accoglierebbe sotto la porta dell’Inferno e lascerebbe la nostra mano alla fine del Paradiso dopo aver contemplato con noi «l’amor che move il sole e l’altre stelle».
Eleonora Poli