Anche se sono passati dei giorni, Fitel Emilia Romagna resta partecipe della Giornata del Ricordo, avvenuta il 10 febbraio, in quanto si rammenta un periodo buio per gli italiani nella zona istriana.
La Terra si apre e si spacca naturalmente. Crea delle spaccature verticali, dei pozzi lunghi chilometri verso il centro della Terra. Degli inghiottitoi che sono stati riempiti di cadaveri durante gli orrori della Seconda Guerra Mondiale dal peggiore degli animali, l’uomo.
Tipici della regione del Venezia Giulia, le foibe devono il loro nome a una parola dialettale proveniente dal latino foeva con il significato di “cava”. Dopo la sconfitta, nel 45, l’Italia, alleata tedesca durante il secondo conflitto mondiale, è costretta a donare alla vincitrice Jugoslavia dei territori confinanti quali le regioni di Istria, Dalmazia e Fiume. I primi anni di convivenza tra italiani e jugoslavi sono pacifici. Gli italiani hanno mantenuto le loro tradizioni e le loro radici credendo in un ritorno in Patria il più presto possibile.
Ma con il passare degli anni il regime comunista di Tito in Jugoslavia iniziò a perseguitare i cittadini italiani. Così quegli inghiottitoi carsici diventano il luogo ideale per questo orrendo spettacolo. Condotti nei pressi delle foibe e legati tra loro per le caviglie, gli italiani venivano poi messi in fila e, ucciso il primo, lasciati cadere dentro il pozzo a morire di stenti. Solo nel 1943, ad esempio, si contano 700 vittime. Racconta così Giuseppe Comand, uno dei sopravvissuti:
L’odore dei corpi in decomposizione era pestilenziale, l’aria irrespirabile fino a chilometri di distanza. I miei compagni coraggiosi, Vigili del Fuoco di stanza a Pola, buttavano giù cognac prima di calarsi nella foiba: scendevano per centinaia di metri con due corde e una specie di seggiolino, mettevano il cadavere nella cassa e davano quattro colpi di corda, il segnale per dire tiratemi su
Tristemente celebre è anche la strage di Vergarolla del 1946 causata dall’esplosione di materiale bellico su una spiaggia di Pola, capoluogo dell’Istria. Ancora in dubbio sono il numero delle vittime, si stima intorno alle 100 persone, e i mandanti della strage. Ciò che è certo è la nazionalità delle vittime, quasi tutte italiane, e i contrasti mai spenti del governo Jugoslavo contro quello italiano.
Il 10 febbraio del 1947 viene firmato il tratto di Pace di Parigi che apre uno spiraglio di speranza per tutti gli italiani ancora in Jugoslavia. I sopravvissuti iniziano così a tornare in Italia in un flusso migratorio fatto di persone ma anche mobili, vestiti, oggetti di valore. Nelle città di confine esistono tuttora magazzini con accatastate sedie, valigie e mobilio di vario genere mai rivendicati che raccontano più di mille parole.
Eleonora Poli