I portici di Bologna hanno ospitato migliaia di intellettuali provenienti da tutto il mondo. Il Rinascimento e i successivi secoli sono stati i tempi più fertili delle università. Nel 1912, esattamente 110 anni fa, dopo esser stato professore, poeta e scrittore, tra quei portici vi trova la morte anche Giovanni Pascoli.
Con una poetica che unisce la natura alla vera essenza umana, Pascoli può essere associato alla corrente del decadentismo. Il tema centrale della poesia non è più la razionalità del positivismo scientifico e del naturalismo, bensì la solitudine e l’angoscia del poeta. I decadenti rifiutano la metrica, creano analogie e simboli, usano suoni e immagini sempre più concrete per rappresentare la noia e il senso di vuoto.
L’esempio più decadente della poesia di Pascoli è X agosto contenuto nella raccolta Myricae ispirata alle bucoliche di Virgilio. Nelle sei strofe, Pascoli racconta la tragica morte del padre senza nominarlo mai. L’analogia con questa rondine che viene uccisa tornando al nido con il cibo per i suoi piccoli è in realtà il padre di Pascoli di rientro da lavoro con dei doni per i figli.
San Lorenzo, Io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto: l’uccisero: cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini. Ora è là come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l’uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido portava due bambole in dono… Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male!
L’unico posto sicuro in cui rifugiarsi è la poesia. Il poeta-fanciullo vede con occhi freschi la realtà per quella che è, solo grazie al fanciullino infatti riusciamo a dare un nome alle cose, a scoprirne l’origine attraverso l’irrazionalità e l’intuizione.
Nato a San Mauro di Romagna nel 1855 riceve una formazione classica a Urbino. L’adolescenza del poeta è segnata dal lutto. A 12 anni perde il padre e dopo un paio d’anni la madre e i due fratelli. Probabilmente assassinato, il delitto Pascoli segna la stabilità economica della famiglia che perde ogni credibilità. Per anni i fratelli Pascoli provarono a ricostruire il proprio nome, senza successo. A 15 anni Giovanni si trasferisce a Rimini per continuare gli studi liceali. Solo grazie a una borsa di studio di 600 lire riesce a entrare all’università di Bologna.
Travolto dall’attività politica di Bologna, guidata all’epoca da Carducci e dall’anarchico Andrea Costa, nel 1879 viene arrestato durante una manifestazione. Questa esperienza lo allontana dalla vita politica e lo portano verso una carriera universitaria. Torna a vivere con le sorelle ricostruendo quel nucleo familiare perso da tanti anni e causando in Pascoli un pessimismo e un allontanamento volontario verso il mondo esterno. Nel 1905 subentra a Carducci nella cattedra di letteratura italiana a Bologna, dopo aver iniziato a praticare come professore da un paio d’anni.
Il piccolo borgo di Castelvecchio diventa il suo “nido” in cui dedicarsi all’insegnamento e alla poesia. Compone i Poemetti (1897) in cui elogia la piccola borghesia campestre, i Canti di Castelvecchio (1903) nella cui natura il poeta cerca consolazione al dolore e alla solitudine.
Con lo scoppio della guerra italico-turca recita il discorso la grande proletaria si è mossa (1911) in cui il poeta prese apertamente posizione a favore dell’intervento militare italiano in Libia.
Le dipendenze da alcolici di Pascoli sono note e probabilmente sono anche la causa della sua morte il 6 aprile 1912, anche se la sorella ha scritto nel certificato di morte tumore allo stomaco.
L’importanza delle piccole cose, del fiore più insignificante, sono stati i fattori trainanti della poetica di Pascoli e della sua vita. Un uomo semplice a pezzi fin da ragazzo che, per tutta la vita, ha cercato di raggiungere quel calore familiare mai recuperato.
Eleonora Poli