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Houria

di Luigi Ercolani


Se c'era un luogo geografico in cui Le mille e una notte aveva ragione di nascere, non era poteva che essere quello del mondo arabo. Predisposto naturalmente al racconto, grazie al caleidoscopio di colori che lo caratterizzano ed alla forma mentis delle persone che lo abitano, il contesto culturale che parte dal Magheb e si estende fino alle punte ultime del Medio Oriente era dunque il terreno più congeniale alla nascita di quella raccolta di storie che per certi versi è diventata l'epitome in senso stretto della narrazione fiabesca.

Gli elementi caratteristici summenzionati si ritrovano, ed anzi, hanno un ruolo preponderante, nell'intreccio coinvolgente ed umano di Houria. Che è un film tutt'altro che perfetto, e che anzi presenta vistose pecche che, all'occhio dello spettatore attento, potrebbero quasi risaltare in maniera maggiore rispetto agli ancor più numerosi pregi, che però sono meno immediati, meno tangibili.

Il difetto più marcato è sicuramente una rappresentazione femminile che, in quel contesto specifico, lascia qualche perplessità: pur essendo l'Algeria considerata mediamente liberale in questo ambito, appare tuttavia abbastanza impensabile che le donne autoctone possano effettivamente godere di una libertà tanto ampia come quella portata in scena nel lungometraggio. La visione del femminile del film sembra quindi più segnata dal ciò che l'opinione pubblica occidentale vorrebbe vedere accadere del mondo arabo piuttosto che dalla reale condizione delle donne.

Una certa ottica culturale pervasiva ed allogena da parte dell'Occidente si nota anche, ad esempio, nell'utilizzo della lingua francese come mezzo di comunicazione prevalente, quando in realtà è noto che in Algeria si comunichi prima di tutto in arabo e berbero, e solo secondariamente nella lingua dell'Esagono. Questa scelta, insieme alla prevedibilità di alcuni sviluppi della trama, rendono taluni passaggi dell'opera abbastanza surreali, e difficilmente credibili.

Ciò che in Houria appare totalmente centrato rispetto al contesto culturale di riferimento è, d'altro canto, la composizione di un quadro diegetico che che prende in esame, prima di tutto, un Paese che è stato martoriato da una guerra civile iniziata con gli anni Novanta e finita solo con il nuovo millennio. Da tale periodo storico, misconosciuto al mondo occidentale di cui sopra, emerge la rappresentazione di un paese lacerato, in cui le scorie del conflitto permangono negli animi dei cittadini anche ad un ventennio dalla fine dello stesso, influenzando alcune dinamiche particolarmente negative del mondo arabo, come la disorganizzazione e la corruzione.

È in una realtà tanto fratturata che mette radici questo racconto tutto al femminile, che porta al confronto diverse generazioni di donne, segnate ciascuna da un differente trauma. In questo senso, la riabilitazione di ciascuna delle protagoniste è anzitutto un ricominciare da capo, una volontà di continuare a scrivere la propria storia dopo che qualcuno, anche dolorosamente, ha messo un punto fermo al periodo precedente.

Il mondo maschile in questo senso è posto sullo sfondo, apparendo il più delle volte di supporto, ma con l'ombra minacciosa di un antagonista prevaricatore che si estende su tutti i personaggi. Rendendo evidente come una minaccia violenta richieda una contromisura caratterizzata anzitutto da solidarietà trasversale, senza preclusioni ideologiche.



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