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Quanto mai attuali le richieste avanzate nel manifesto del ‘94, rimaste finora senza risposta
“La solidarietà non è un lusso”. Così si intitola il documento di convocazione della manifestazione nazionale del 29 ottobre 1994 che segnò la nascita del Terzo settore in Italia e aprì la strada alla costituzione, tre anni più tardi, del Forum Nazionale del Terzo settore. Quella promossa da oltre 200 realtà sociali fu la prima mobilitazione che unì, sulla base di valori e obiettivi comuni, le “forze della solidarietà e della partecipazione”, come le definiva il manifesto. A fine 2024, con un evento organizzato dal Forum Nazionale Terzo settore il 27 novembre 2024 a Roma (https://www.youtube.com/watch?v=1AUz5-JJNDI&t=4597s), si sono festeggiati i primi trent’anni di una realtà che ha continuato a crescere e a strutturarsi fino a coinvolgere gran parte delle 360.000 organizzazioni non profit censite dall’Istat, per un totale di 4,6 milioni di volontari, oltre 900.000 dipendenti e un apporto al Pil misurato attorno al 5 per cento. E dunque, “fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”, come disse il filosofo cinese del IV secolo A.C. chiamato in causa dal presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato intervenuto all’evento del 27 novembre.
In breve le tappe più significative: nel ‘98 il Patto di solidarietà con il governo Prodi, nel 2000 la legge sulle Aps (Associazioni di promozione sociale), nel 2001 il principio di sussidiarietà in Costituzione, nel 2001 anche il servizio civile, nel 2005 l’introduzione del 5 per mille a favore delle associazioni non profit, nel 2006 la legge sull’impresa sociale. Nel 2016 con la legge 106 arriva la fondamentale Riforma del Terzo settore che porta al riconoscimento del Forum Nazionale Terzo settore e, l’anno successivo, alla formulazione del codice del Terzo settore nel Decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117 e a seguire all’istituzione del Runts (Registro unico nazionale del Terzo settore cui oggi aderiscono 126.000 associazioni) avviatosi operativamente nel novembre 2021; viene dunque definito il complesso di norme che disciplinano il no profit e l’impresa sociale e che è tuttora “in progress”, in attesa dei regolamenti attuativi, dell’adeguamento alle normative europee e in vista della tanto attesa riforma fiscale (https://www.camera.it/temiap/documenta zione/temi/pdf/1105128.pdf). Dunque, il presente che guarda al passato e si proietta su un futuro pieno di interrogativi.
A fronte delle derive sociali che caratterizzavano quegli anni difficili, il manifesto del ‘94 avanzava ai governi due fondamentali richieste, purtroppo rimaste inevase e che risultano quindi attualissime: che si fermasse il progressivo disinvestimento nel sociale e nelle politiche pubbliche; che si ponesse mano ai processi globali a partire da quelli di carattere ambientale e di carattere sociale, in particolare la crescita delle povertà e delle disuguaglianze. Tradotto in numeri: nel ‘94 in Europa c’erano 20 milioni di disoccupati e 50 milioni di poveri, oggi i disoccupati sono di meno, “solo” 13 milioni, ma sono di più le persone soggette alla povertà, 96 milioni, molti dei quali appartenenti a fasce di popolazione che allora ne erano immuni. E in più il processo di frammentazione sociale e di sfiducia nei confronti della partecipazione è avanzato in modo preoccupante.
Ecco perché associazionismo e volontariato svolgono un ruolo importantissimo: si tratta di mantenere i fili di un tessuto coesivo che la società sembra avere smarrito, assumendo quella funzione di stimolo alla partecipazione che una volta svolgevano i partiti e poi entrata in crisi con il dilagare dell’individualismo e del consumismo, con la fine delle grandi fabbriche e il tramonto dei vecchi luoghi di aggregazione. Molto interessante al riguardo l’analisi che Giuliano Amato ha condiviso durante l’evento romano per il trentennale: “Le tecnologie (specie la tv) creano un rapporto diverso tra cittadini e politica, trasformando il cittadino da uno che partecipa a uno che fa il tifo. Le tecnologie online, poi, creano l’illusione di una nuova partecipazione ma non riescono ad andare oltre poche migliaia di persone. Gli altri, la maggioranza, esprimono la loro opinione sui social senza passare da alcun confronto preventivo e in mancanza di ogni forma di dialogo. Così le società diventano frammentate da una parte e fratturate dall’altra. La politica non riesce a uscire dal circolo vizioso delle ostilità reciproche, anzi si adegua e talvolta alimenta questa tendenza. È più importante dare torto all’avversario che dire che si sta facendo qualcosa di utile per il paese. Qualsiasi tentativo di dialogo viene definito a priori un inciucio. E gli stessi gestori delle tecnologie capiscono che quanto più è alto il conflitto tanta più alta è l’audience, quindi la pubblicità”.
Dunque, il Terzo settore ha nelle sue mani la partecipazione alla costruzione dell’interesse collettivo invocata dall’articolo 49 della Costituzione, tanto più oggi di fronte a questioni epocali come la difesa dell’ambiente e il ripudio della guerra. Principi come la coprogettazione – con il corollario dell’amministrazione condivisa dei beni comuni – e la sussidiarietà (articolo 118 della Costituzione) servono a coinvolgere i cittadini evitando le reazioni negative e allargando il consenso. “Siete voi la nuova politica – ha aggiunto Amato –, quella iniezione vitale per una democrazia in pericolo non per la debolezza dei governi ma per il vacillare delle fondamenta su cui si regge. Un’iniezione vitale per la nostra democrazia e per l’Europa, che ha tra i principi fondativi già previsti nel trattato di Roma la costruzione di un’economia sociale di mercato”.
Per questo servono investimenti in politiche sociali e politiche pubbliche in grado di creare servizi, reti di solidarietà, privato sociale. Come ha detto la portavoce del Forum del Terzo settore Vanessa Pallucchi, intervenendo all’evento del 27 novembre, occorre rafforzare il ruolo del Terzo settore per colmare almeno in parte il divario tra ciò che viene dato alle piccole imprese in termini finanziari e di sgravi fiscali e gli investimenti a favore delle imprese sociali. Purtroppo la legge di bilancio approvata a fine 2024 non accoglie quasi nessuna delle proposte avanzate dal Forum. “È rimasto un incomprensibile e inaccettabile vincolo sulle spese e sugli investimenti del Terzo settore – ha denunciato Pallucchi in una recente intervista al Corriere della Sera – : questo porterà a meno servizi, e di minore qualità, per le persone che ne hanno bisogno. Non è stato inserito il necessario aumento del tetto al 5 per mille, che avrebbe consentito di rispettare la volontà dei contribuenti. Per la povertà educativa minorile, una delle grandi emergenze del paese, non viene rifinanziato il Fondo nazionale. Infine le donazioni sono state incluse nella stretta sulle detrazioni fiscali”.
Ovviamente non si tratta solo della dimensione finanziaria. Si tratta di investire nel pensiero culturale e politico con spirito di cambiamento, valorizzando l’autonomia e la solidarietà senza rimpiangere il consociativismo come la stessa Pallucchi ha tenuto a precisare nel suo intervento al Forum del Terzo settore: “Noi dobbiamo ridare fiducia alle persone, combattere la solitudine e trovare nuove forme di aggregazione. Una volta era la classe, oggi può essere la generazione, con obiettivi comuni come la cura del territorio e la difesa dell’ambiente”. Sembra di essere tornati ai principi ispiratori de “La solidarietà non è un lusso”, che aveva preso le mosse dalla denuncia della “crisi gravissima” attraversata dal nostro paese e da tutto “il mondo sviluppato”, rilanciando la necessità “della pace, della convivenza, dell’ambiente, della lotta al razzismo, della solidarietà internazionale e della cooperazione, dell’impegno civile contro la mafia, della tutela dei diritti, della critica solidale dello statalismo e dell’assistenzialismo, delle pari opportunità per tutti i cittadini, della riforma e della moralizzazione della vita politica e istituzionale”.
di Carlo Gnetti
Giornalista e saggista, direttore di “Tempo Libero” e della testata online “Fitel Emilia-Romagna”
L'articolo è stato pubblicato su "Tempo libero" n. 139 - La rivista della Fitel, clicca qui per leggere tutta la vista "Tempo libero" m. 139