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L'ultima notte di Amore

di Luigi Ercolani


Una città ammantata dall'oscurità della notte, una panoramica dall'alto e il titolo del lungometraggio in un carattere rosso vivo, per meglio risaltare all'occhio dello spettatore. Potrebbe essere The Batman, l'ultima rappresentazione sul grande schermo del famoso supereroe statunitense, invece è l'inizio di un thriller italiano con protagonista attore italianissimo, Pierfrancesco Favino.

L'ultima notte di Amore è un film che si discosta abbastanza nettamente dal canone della cinematografia nostrana, ma che allo stesso tempo nemmeno si accontenta di adottare quella che sarebbe l'operazione più facilona, ovvero copiare pari pari la struttura di un omologo hollywoodiano. Il regista Andrea Di Stefano, anzi, confeziona una struttura sui generis, mescolando elementi già conosciuti in maniera tuttavia originale, per dare vita a una produzione articolata, fatta di colpi di scena progressivi e non prevedibili.

Riprendendo ancora, seppur solo brevemente, il parallelismo iniziale, il personaggio principale, Franco Amore, è proprio diametralmente opposto rispetto a Batman. Si tratta infatti di un poliziotto, quindi uno che ha servito personalmente nelle forze dell'ordine per trentacinque anni, e che si prepara ad andare in pensione, nonostante qualche cruccio di troppo legato a trattamento economico e riconoscimenti sul campo non adeguati a quanto ha dato in cambio allo Stato.

È un uomo ombroso ma dalle convinzioni salde, integerrimo quanto basta per non affondare da un punto di vista morale, ed attorno a lui si muove invece un mondo fatto di finti sorrisi e amici a convenienza, che nascondono avidità e arrivismo dietro volti in apparenza bonari. La mancanza di scrupoli che permea tale realtà impone quindi una valutazione del rischio accorta, che lo spettatore coglie attraverso le numerose occasioni in cui fa esperienza diretta delle sensazioni e nelle decisioni prese dal personaggio principale.

Si tratta di un processo di immedesimazione senza il quale non sarebbe possibile comprendere che Franco è chiamato a provare ad essere una persona retta in un contesto dove gli equilibri mutano rapidamente e in una città, Milano, che brulica di attività illecite, che spesso coinvolgono anche quelle stesse forze che pure sarebbero deputate a sorvegliare ed intervenire in difesa delle persone comuni. Quel capoluogo lombardo multiculturale che pullula di vita ed esplode di lifestyle che talvolta siamo abituati a vedere sui media, fa quindi spazio ad un agglomerato urbano che non mostra alcuna pietà per nessuno.

È una morte improvvisa, tragica e accidentale a dare il via allo sviluppo della trama, svelando passo passo quanto marcio sia il sottobosco in cui Franco è inserito. Il protagonista deve quindi districarsi in un crescendo di difficoltà che ha un sapore quasi rossiniano, provando là dove serve a tamponare situazioni che sono ormai irrimediabili, e al contempo guardandosi dal rimanere invischiato anche lui nelle sabbie mobili dei reati a cui va incontro.

Come fosse una sorta di episodio della serie tv 24, ma condensato, l'ultima notte di Amore è una notte folle, triste, feroce e drammatica. Una notte di panico e di eventi che si susseguono senza soluzione di continuità, conclusa da un'alba che significa la fine dei timori, delle frustrazioni e delle tensioni che hanno segnato non solo le ore precedenti ma anche (si deduce) gli stessi trentacinque anni di servizio di Franco.


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