di Luigi Ercolani
Il mondo musulmano che parte dal Maghreb e si estende in latitudine fino all'Iran è certamente complesso al suo interno, e anzi abbraccia una quantità non irrilevante di popoli culturalmente molto diversi tra loro. Spesso questi ultimi risultano per giunta anche divisi da aspre rivalità, le cui origini hanno non di rado radici addirittura secolari, motivate da questioni che possono riguardare la storia, la politica, l'economia e, perché no, anche visioni filosoficamente differenti riguardo alla religione che li accomuna, l'Islam.
Va da sé che un patchwork tanto ampio e variegato risulti, per chi proviene dalla realtà occidentale, abbastanza difficile da comprendere. La conseguenza fisiologica è che spesso i media del mondo (sedicente) civilizzato si limitano a fornire informazioni superficiali ad un pubblico che, vivendo sempre di corsa, è interessato a conoscere solo agli aspetti generici, spesso quelli di stampo meramente più scandalistico o folkloristico.
Per combattere questa rappresentazione stereotipata, per andare oltre questo tipo di narrazione ed entrare in un'altra ottica, lontana da quella di appartenenza, il cinema diviene uno strumento preziosissimo, persino cruciale, per certi versi. La cospirazione del Cairo offre, in questo senso, un'esperienza esattamente di questo tipo: intrattiene con una trama thriller, certo, ma soprattutto apre allo spettatore esterno una finestra su un sociale ad esso misconosciuto, portandolo dentro una prospettiva socialmente diversa rispetto a quella di appartenenza.
Il filone narrativo si sviluppa in maniera non certo marginale, ma comunque sicuramente secondaria rispetto al quadro culturale, il vero focus. L'obiettivo principale sembra infatti rendere edotto chi guarda riguardo ad alcune dinamiche peculiari che caratterizzano il mondo musulmano attuale, nel caso specifico quello dell'Egitto post-Primavere arabe.
Ci si potrebbe persino spingere ad affermare, anzi, che per cogliere adeguatamente la cornice diegetica in cui si svolge l'azione è necessario sapere quanto accaduto nella regione del Nilo dopo il 2011. Le manifestazioni in piazza Tahrir, la destituzione del rais Hosni Mubarak, le elezioni avvenute sotto la giunta militare, la vittoria dei Fratelli Musulmani di Mohamed Morsi e il golpe che nel 2013 ha portato al governo il generale Abdel al-Sisi sono tutti eventi che, in sequenza, hanno segnato in profondità la storia recente del paese.
Ciò ha portato ad una tensione drammatica, in Egitto: tensione tra una fazione che guarda al mondo occidentale e un'altra che invece preferisce un approccio più ortodosso alla tradizione coranica. La cospirazione del Cairo restituisce questo conflitto, a volte latente, a volte infuocato, e lo fa mettendo al centro Adam, un giovane proveniente da un paese di pescatori, il cui unico desiderio è dedicarsi anima e corpo allo studio della religione.
Proprio la religione diventa, invece, il terreno principale dello scontro. Ciò che per il mondo occidentale secolarizzato sembra quasi rappresentare un cimelio del passato, da sciorinare solo in un eventuale momento del bisogno, per il mondo musulmano è, invece, un asset strategico, concreto e attuale che può ribaltare le sorti dello scontro a favore dell'una o per dell'altra parte in causa. Per avere la meglio esse non avranno alcuno scrupolo a trascinare nella loro faida anche il ragazzo, il cui ruolo, a mano a mano che il film procede, appare sempre più quello del proverbiale agnello sacrificale.