di Lorenzo Meloni
Kate (Emilia Clarke) deve prendere in mano la sua vita. Per com'è ora sembra che ovunque si volti debba andare male, poco importa se ha George Michael nelle orecchie per tirarla su. La sua famiglia - immigrati a Londra dalla ex-Jugoslavia - è in briciole, la sua vita sessuale un casino, gli amici la sostengono ma non ne possono più di vederle fulminare col phon il loro acquario coi pesci tropicali, il lavoro che un tempo le piaceva non dà più stimoli, il sogno mai abbandonato di cantare musical sembra sempre più destinato a rimanere un sogno, e su tutto grava il peso di "qualcosa" che le è successo pochi mesi fa, qualcosa che le toglie il sonno e fa montare le lacrime. Ma un giorno - gli occhi in alto per osservare un rarissimo falco pellegrino appollaiato sui tetti di Londra - davanti al negozio in cui Kate lavora si presenta un misterioso ragazzo (Henry Golding), ed è un incontro destinato a lasciare un segno...
Il periodo di Natale è passato, ma dopo aver visto Last Christmas in una tardiva proiezione di fine dicembre ci è sembrato un peccato non dedicare qualche parola a un film del genere, così rinfrescante pur nel vago senso di deja vu, che è poi qualcosa che in almeno in qualche misura - con la denominazione cambiata in "familiarità" - a una commedia romantico/natalizia un po' è anche richiesto. Se Paul Feig, già bravissimo director di chicche politicamente scorrette come Le amiche della sposa (2011) e Spy (2015) dopo il mezzo fiasco della versione women's di Ghostbusters dimostra qui alla grande di saper convogliare la sua vulcanica energia in una direzione più family friendly, Last Christmas è soprattutto il film delle due donne di scena.
È infatti Dame Emma Thompson, che qui interpreta la madre della protagonista, la vera mente dell'operazione. Sua una sceneggiatura che parte per l'ennesima volta dal più trito dei canovacci, nientemeno che il Canto di Natale di Dickens (con appena una spolverata dell'aggiornamento capriano La vita è meravigliosa), per opporre al sofferto egoismo della sua irresistibile Scrooge non l'umanismo trasversale del testo originale, ma un preciso piano politico che parla soprattutto all'Inghilterra di oggi, spossata dal post-Brexit e provata come molti paesi europei nel suo ormai consolidato carattere multiculturale. Non c'è xenofobia in azione in Last Christmas: piuttosto, come è giusto visto il genere in cui lavora, un senso di inadeguatezza e sradicamento - dunque un sentimento - che attraversa tutti i personaggi, indicativi di un vasto campionario di identità etniche e sessuali, tutti in qualche misura irrisolti come Kate e tutti dickensianamente destinati a cambiare con lei.
E se Thompson è grande anche nel suo ruolo di attrice, capace di scongiurare con raggelanti battute razziste il rischio di una retorica troppo conciliante, è soprattutto grazie a Emilia Clarke se il film decolla e lo si vuol seguire: sacrificata per anni nelle vesti seriose di Denaerys Targaryen del Trono di spade, Clarke è l'attrice della serie che meglio di tutti è riuscita ad emanciparsene, rivelando negli ultimi anni un'insospettata vena "malin-comica" (ma bastava sentirla parlare una volta in un talk show) e rivelandosi la leading lady a questo punto forse più forte in assoluto per questo tipo di film, perfetta tanto nel far ridere a crepapelle con quelle espressioni stralunate (le sopracciglia più espressive dai tempi di Sean Connery, o almeno di Jack Nicholson) quanto nel comunicare angoscia e rassegnazione in modo mai antipatico, trovando sempre una comunicazione vera e diretta con lo spettatore
Non guasta neanche - e qui facciamo solo allusioni, per evitare di spoilerare gravemente - che le sue vicende private incrocino in maniera sorprendente quelle di Kate (leggetevi qualcosa sui suoi problemi di salute durante la lavorazione delle prime stagioni del Trono), con mossa geniale da parte dei casting director che così attingono a una risorsa fondamentale del cinema, quella capacità di traspirazione fra schermo e realtà che per qualche motivo rende da ormai più di un secolo emblematiche certe interpretazioni "autobiografiche". Fra la sua incrollabile convinzione, certe arguzie della Thompson e la solida mano di Feig, Last Christmas riesce a stupire e convincere, perfino quando propone - in maniera abbastanza stridente e rischiosa per una rom-com - la propria personale versione del "film metafisico", o per restare alla fonte originale del Fantasma del Natale Passato. Forse difettoso (per fortuna più per eccesso che per difetto di idee), dimesso e dolceamaro nella modestia dell'immancabile conquista finale, è un racconto d'altri tempi con un cuore cosmopolita e moderno, e se forse nessun film è davvero "necessario", fra prendere e lasciare, noi sicuramente prendiamo.
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