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Nina dei lupi

di Luigi Ercolani


Ci era già capitato in passato di sottolineare coma la vulgata che vuole il cinema italiano capace di dare vita unicamente a commedie (con storie spesso importate dall'estero), drammi a sfondo sociale o giallo è ampiamente dozzinale. O meglio, è vero che attualmente la produzione generalista nostrana sembra essersi appiattita verso questi tre ambiti, in particolare i primi due, ma non bisogna dimenticare che esiste anche un'intera galassia di soggetti indipendenti.

Sono proprio questi ultimi che, malgrado i mezzi limitati (o forse proprio in forza di questi, chissà), coraggiosamente si lanciano in produzioni che abbracciano generi a cui invece i “colleghi” più importanti hanno invece abdicato, lasciando occupare tali spazi all'onnipresente cinematografia statunitense. Tra coloro che hanno operato tale scelta di rottura ci sono sicuramente Genoma Film con la sua piccola perla Nina dei lupi.

Raffaele Pisu, qui nella doppia veste di produttore e regista, ha infatti dimostrato grande intuito nel tradurre sul grande schermo il mondo disegnato dalla penna di Alessandro Bertante, concependo un film che ha il sapore di un Trono di spade condensato ma dal sapore, invere, chiaramente post-apocalittico. Come spesso accade, da tale tipo di espressione sgorgano spunti di riflessione che possono orientare anche e soprattutto nella realtà: fin da subito, nello specifico, nel lungometraggio si fronteggiano infatti due atteggiamenti parimenti errati, che emergono spesso anche durante i periodi di particolare crisi sociale.

Il primo è quello dell'avidità. Quanti nei tempi grami abbiano in un qualche modo la fortuna di potersela cavare meglio, di godere di condizioni maggiormente favorevoli rispetto al prossimo, non di rado scelgono infatti di chiudere la porta di fronte a quelli a cui invece la sorte non ha riservato il medesimo sorriso, e si tengono stretto il dono gratuito ricevuto non condividendolo invece con chi ha più bisogno, così facendo soffocando alla base quel naturale moltiplicatore che è, ed è sempre stato, la solidarietà tra esseri umani.

Dall'altra parte, invece, ci sono coloro che reagiscono all'egoismo con la violenza. Autogiustificandosi con la penuria di risorse e la conseguente disperazione, essi si sentono infatti legittimati a porsi con brutalità cieca nei confronti di chi possiede, arrivando non di rado alla sopraffazione del prossimo attraverso una crudeltà efferata che ha come fisiologico sbocco il compiacimento di sé di fronte al dolore che sa creare.

In questo senso, Nina dei lupi suggerisce che, per quanto tali atteggiamenti possano apparire antitetici, in realtà sono la doppia faccia di quell'unica medaglia chiamata egoismo. Che si esprima tramite il possesso o tramite il potere, è il pensare solo al proprio benessere che piano piano, senza accorgersene, priva la persona della propria umanità, facendola regredire ad uno stato di bestia dedita unicamente al soddisfacimento nei propri bisogni più immediati che comporta, di conseguenza, l'abbandono del prossimo al proprio destino.

Due mali così simili possono però essere guariti da chi opera il bene senza chiedere indietro, da chi condivide con gli altri con generosità, da chi ragiona e si relaziona in maniera disinteressata con il vicino nella convinzione che nessuno vada lasciato indietro. Nina, la protagonista, è senza alcun dubbio il miglior antidoto ai tempi di crisi.


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