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Re-visioni: Tenet

di Luigi Ercolani


È la bomba che non è esplosa, il pericolo che nessuno conosceva. Quella è la bomba che ha il potere di cambiare il mondo”. In uno di quei suoi slanci filosofici audaci e allo stesso tempo largamente imperscrutabili, Christopher Nolan nel 2020 chiudeva Tenet e, contemporaneamente, apriva una finestra che ci avrebbe proiettato direttamente su Oppenheimer.

Riguardare l'ultimo film del regista londinese in vista di quello in uscita in Italia il 23 agosto non solo è un buon esercizio per riprendere confidenza il linguaggio nolaniano, ma offre altresì la possibilità di cogliere uno dei tanti più o meno espliciti richiami interni che l'autore anglo-statunitense pone all'interno della propria filmografia. In questo caso si tratta proprio di un riferimento manifesto, visto che nel precedente lavoro veniva menzionato Oppenheimer quale scienziato creatore di un'arma in grado di cancellare l'esistenza dell'umanità.

A prescindere dalle interconnessioni presenti nelle opere di Nolan, ad ogni modo, Tenet è un film apprezzabile anzitutto per la sua attualità, una sorta di paradosso, considerando che tratta della guerra mossa dall'umanità del futuro a quella del presente. Non è un caso che la sceneggiatura abbia richiesto un'elaborazione che è partita nel 2014: frutto di riflessioni ventennali da parte del regista, la questione del viaggio nel tempo e di tutte le sue implicazioni è stata infatti affrontata con la consueta meticolosità, avvalendosi anche della collaborazione di diversi esperti in materia.

A onor del vero, a chi guarda ed è meno in grado di cogliere le sfumature scientifiche sfuggono alcuni dettagli delle dinamiche del lungometraggio, come era già successo in Inception o Interstellar. In tal senso forse questo rappresenta il limite di alcuni degli ultimi film di Nolan il quale, partendo dalle sue personali riflessioni filosofiche, non di rado porta lo spettatore fuori dal terreno di una conoscenza che possa essere anche alla sua portata.

Allo stesso tempo, però il regista si dimostra coerente: così come successo in precedenza, infatti, anche in Tenet emerge che, al di là delle teorie sulle scienze naturali pilastri dell'universo, ciò che conta davvero è il fattore antropico. In un'epoca di scientismo senza limiti, di marginalizzazione di ciò che è umano in favore di ciò che è (o si vorrebbe rappresentare come) scienza, Nolan è forse uno dei pochi volti riconoscibili a livello mondiale a dirci che la seconda è sempre e comunque subordinata al primo, non per questioni di importanza intrinseca ma perché ciò che rende tale l'essere umano è la sua capacità di entrare in simbiosi con il suo prossimo.

Lo spettatore che si approcci a Tenet deve così tenere a mente che l'inizio caratterizzato da spionaggio e azione è solo una premessa come potevano essercene tante altre, perché il cuore del film è in realtà una guerra tra piani temporali diversi. Uno scontro generazionale, dunque, che tocca direttamente chi guarda non solo nella sua fruizione momentanea nel lungometraggio, ma anche e soprattutto nella sua responsabilità tanto verso i propri co-temporali quanto verso le prossime generazioni. Un bel segnale, specie in una società civile occidentale sempre più focalizzata sull'hic et nunc.

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