Netflix sì, Netflix no. La battaglia riguardo le ripercussioni della più importante piattaforma di streaming al mondo sull'esperienza spettatoriale è senza esclusione di colpi. Mostro machiavellico che toglie spettatori al cinema svalutando progressivamente la magia della sala, o unica chance per autori anche affermati di finanziare grandi progetti in un'epoca in cui film da cento milioni di dollari al di fuori di franchise di provata popolarità sono sempre più difficili da fare?
Per la prima risposta hanno dimostrato di propendere non solo giganti del cinema moderno come Quentin Tarantino e Cristopher Nolan, ma anche gli organizzatori del più importante festival di cinema europeo (e mondiale): dinanzi all'eventualità di dare una vetrina a film che - si minacciava - sarebbero stati visti direttamente in televisione bypassando la distribuzione nelle sale, Cannes ha detto no, ed è stato fra i motivi dell'inusuale ricchezza della scorsa edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
Fra i film Netflix defluiti verso il lido, Sulla mia pelle, 22 luglio, The Ballad of Buster Scruggs dei Coen..e Roma di Alfonso Cuaròn. Il film del due volte premio Oscar messicano (ma ormai da anni trapiantato in Toscana), fra l'altro Leone d'Oro col beneplacito dell'amico e connazionale Guillermo Del Toro presidente di giuria, è uno stupendo Amarcord mesoamericano che abbiamo avuto modo di apprezzare durante la mostra in tutto lo splendore del suo bianco e nero 70 mm, e ci sentiamo di dire che, se ogni film merita la visione in sala, negarla a questo sarebbe stato qualcosa di peggio che un peccato.
Fortuna che Netflix è meno mefistofelica di quanto generalmente non le riconoscano i suoi detrattori. Che non si occupi direttamente della distribuzione in sala non significa che enti locali dei vari paesi non possano farsi avanti: per l'Italia è stata la Cineteca di Bologna, che aggiunge alla lista chilometrica dei propri meriti la possibilità di vedere Roma il 3, 4 e 5 dicembre in ben 59 sale italiane, contro le sole quaranta del Messico (paese a cui il film appartiene a livello produttivo e di ambientazione e per cui concorrerà ai prossimi Oscar) che hanno giustamente mandato su tutte le furie Cuaròn.
La programmazione potrebbe in realtà prolungarsi (ad esempio al cinema Lumière che ovviamente rappresenta Bologna); ma voi correte in sala a vederlo. Che i detrattori di Netflix abbiano ragione o meno in generale ha poca importanza rispetto a un dato incontestabile: vedere un film del genere su grande schermo è un'esperienza completamente diversa.