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Romeo è Giulietta

di Luigi Ercolani


“Genio e sregolatezza”. Un'espressione ormai diventata di uso comune, e che indica il confine sottile su cui si muovono gli individui che hanno quel guizzo ulteriore, quel lampo in più: sono quelle persone che, come diceva Schopenhauer, colgono bersagli che nessun altro riesce a vedere, ma che allo stesso tempo, forse proprio in virtù di tale estro, sono molto più in balia dei propri umori rispetto alle persone comuni.

E non è un caso che “Genio e sregolatezza” sia il sottotitolo dell'opera che Alexandre Dumas padre dedicò nel 1836 all'istrionico attore teatrale Edmund Kean, capace tanto di performance memorabili quanto di bizzarrie di ogni sorta. Un tratto che lo accomuna a Federico Landi Porrini, il personaggio forse più spartiacque di Romeo è Giulietta.

La storia ruota sì attorno a Vittoria, interpretata da un'ottima Pilar Fogliati, ma se è vero, come insegnano i maestri di sceneggiatura, che un protagonista è grande tanto quanto le è il suo antagonista, allora per un'analisi più completa occorre allargare lo sguardo e partire dal personaggio di Sergio Castellitto. Il quale porta in scena un regista sul viale del tramonto, ma ancora incisivo, tagliente, feroce, diretto, senza peli sulla lingua e, soprattutto, non ancora disposto a mollare la presa.

Federico Landi Porrini lo si ama quando non va per il sottile e difende il suo lavoro e la sua visione da chi lo considera un fossile da esporre in un museo, ma allo stesso tempo lo si detesta (odia no, è proprio impossibile) quando brandisce la sua lingua come una frusta per fustigare in maniera salace sia i suoi attori che i suoi collaboratori. Per avere la meglio su quest'uomo al canto del cigno ma fermamente intenzionato ad andarsene alla sua maniera, lottando con le unghie e con i denti, la talentuosa Vittoria deve perciò agire d'astuzia, anche a causa di una cattiva reputazione che la accompagna per un grave errore compiuto tempo addietro.

Da un punto di vista strettamente artistico, tuttavia, Federico e Vittoria sono anime indiscutibilmente gemelle, che ora si prendono, ora si respingono, sulla base dei propri rispettivi umori del momento. Si tratta per certi versi di due personalità che, per dirla alla Fridrich Nietzsche, hanno dentro di sé quel caos che è conditio sine qua non per far nascere una stella danzante, che nel caso specifico sarebbe una rappresentazione particolare della più rinomata opera di William Shakespeare.

Attorno a queste individualità si sviluppa una spassosa commedia degli equivoci, un Tootsie (Sydney Pollack, 1982) in salsa romana che, mentre diverte ed intrattiene, propone allo stesso tempo qualche riflessione sul mondo dello spettacolo. L'eterna diatriba (che mai sarà risolta) tra “ragioni artistiche” e “ragioni economiche” diviene infatti un mezzo per evidenziare come chi abbia il desiderio di lavorare nel settore sia costretto a pagare ancora un prezzo alto in termini di precariato, e di conseguenza di prospettive personali.

Nel suo Romeo è Giulietta, quindi, il regista Giovanni Veronesi offre uno sguardo verosimile e senza sconti su quello che è il dietro le quinte del mondo dello spettacolo. Un dietro le quinte fatto non solo di luci ed applausi, ma anche di tanta incertezza, e di caratteri mutevoli come la “incostante luna” evocata da Giulietta Capuleti nella tragedia più conosciuta di tutte.

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