di Lorenzo Meloni
Volge al termine la seconda stagione di The Boys, attesissima dopo che la prima (2019) era arrivata come un fulmine a ciel sereno a sconvolgere le nostre abituali nozioni di supereroismo. Non è il primo prodotto mainstream a mostrare il lato oscuro dei super, ma è il primo (al cinema o in tv) a farlo in modo così sistematico, cavalcando l’onda dei successi Marvel e DC che hanno portato il genere al suo massimo splendore commerciale e arricchendolo di complesse riflessioni sociologiche sulle problematiche che in esso si riflettono in quanto fenomeno culturale contemporaneo per eccellenza.
Come il fumetto omonimo di Garth Ennis e Darick Robertson a cui piuttosto liberamente si ispira, The Boys cerca di rispondere alla domanda “e se esistessero davvero”? Il Marvel Cinematic Universe e gli eroi DC, non chiamati per nome ma chiaramente parodiati da personaggi che ne riprendono estetica e superpoteri, nell’universo vero-simile della serie non sono creazioni cinematografiche ma persone reali, davvero dotate di capacità sovrumane e davvero in lotta col crimine, che però (qui sta il punto) condividono coi loro cugini digitali Iron Man, Captain America, Batman e Superman l’essere creature del capitalismo americano, impiegati di una mega multinazionale, la Vaught, che assegna loro le missioni e ne controlla l’immagine pubblica.
L’enfasi sul ruolo di icone culturali dei Super è ciò rende davvero originale la serie Amazon, consentendole di aggredire il presente da diverse angolazioni aventi per denominatore il nostro rapporto con la medialità. Da una parte ci sono Loro, gli eroi come Homelander e Queen Maeve, che in modo specificamente americano assommano in sé caratteristiche di star del cinema, testimonial pubblicitari, influencer politici e sportivi di primo piano alla Lebron James (non a caso uno di loro, A-Train, è un campione di atletica) coprendo il campionario della celebrità contemporanea senza farsi scappare neanche una tematica “scottante”, dalla rappresentazione femminile al razzismo passando per il mai morto fondamentalismo cristiano; The Boys gioca proprio sulla somiglianza fra la Vaught e l’America, dato che i Super garantiscono all’azienda un pugno di ferro di tipo bellico nei confronti della concorrenza commerciale e nelle relazioni internazionali.
Già, perché il dettaglio che finora abbiamo omesso è che questi “eroi” in realtà sono sporchi. Apatici e antipatici nei casi migliori, il gruppo dei 7 – irresistibile parodia e rovesciamento degli Avengers - comprende molestatori seriali, assassini a sangue freddo e spietati mitomani in odore (guarda un po’..) di superomismo nietzschiano. Oltre a conferire profondità psicologica al discorso sulla super-celebrità questo fa procedere la trama, che inizia quando la fidanzata del protagonista Hughie (Jack Quaid, figlio di Dennis e Meg Ryan) muore orribilmente per l’avventatezza di A-Train. Hughie si unisce così al gruppo dei “Boys”, esseri umani uniti dall’odio personale o semplicemente ideologico per i supereroi, e, non senza qualche difficoltà dovuta alla sua natura mite, ne abbraccia l’obiettivo: la distruzione dei 7 e lo smascheramento dei crimini della Vaught.
Critica ai mass-media e al capitalismo americano, ritratti crudeli e “verosimili” della celebrity nell’era social, il tutto condito da dosi abbondanti di splatter, humour nero e da un’effettistica speciale davvero di livello. The Boys è divertente almeno quanto politicamente ficcante, ma quello che offre è un divertimento lucido, che per ogni soddisfazione tolta nella lotta ai cattivi instilla un dubbio sui buoni. Come si può restare puliti dentro quando si è disposti a tutto, e se non si è puliti cosa ci rende diversi da loro? Come mai il leader del gruppo ribelle Billy Butcher (Karl Urban nel ruolo della vita) sembra condividere il narcisismo e la spregiudicatezza dell’ “altro” capo, il sadico Homelander? I Super, sembra dirci la serie dipingendoli nonostante tutto (mostruosamente) umani, non sono altro da noi, ma lo specchio delle nostre stesse contraddizioni.
Torneremo a parlare di The Boys dopo l’uscita delle ultime due puntate, riflettendo in particolare su una svolta di trama che ci ha fatto storcere il naso e dato l’impressione di una scorciatoia troppo facile rispetto al percorso finora coraggioso e originale della serie.