di Lorenzo Meloni
In un futuro prossimo una tremenda epidemia decima i bambini di tutto il mondo. I superstiti sviluppano straordinari poteri, temendo i quali i governi avallano in segreto la creazione di campi di lavoro in cui intrappolarli lontano dalla società. Le loro capacità sono associate a colori: per i verdi straordinarie doti intellettive, per i blu poteri telecinetici, per i gialli il controllo dell'elettricità..di rossi e soprattutto arancioni, i più rari e pericolosi, non si sa niente se non che vengono soppressi non appena identificati. Ruby Daly è classificata arancione..
The Darkest Minds ha la sola colpa di arrivare un po' in ritardo sul filone Young Adult a cui appartiene, film di formazione su un'eroina in un mondo distopico che mescolano azione, fantascienza e romanticismo, come le saghe di Hunger Games o Divergent. Se è il momento giusto cavalchi l'onda. Se sbagli (peggio ancora, se sbagli di poco) ti trovi in territorio nemico, cioè senza più i vantaggi della tendenza ma con un pubblico la cui memoria non è così corta da impedirgli di riconoscere un riferimento lontano da pochi anni a pochi mesi. Con conseguente pioggia di accuse di banalità, caccia al plagio, "ne avevamo davvero bisogno?" ecc.
Il film è costato poco più di 30 milioni (cifretta rispetto ai predecessori), e per questi motivi non è ancora riuscito a rifarsi della spesa. Se avete figli/figlie, in effetti se anche solo vi viene voglia di un bel film, è il momento di prendere la porta, raggiungere il multisala più vicino e aiutare un buon prodotto a dimostrare che il pubblico del cinema per ragazzi non è ancora del tutto anestetizzato. Non esente da difetti, The Darkest Minds ha il cuore che manca a quasi tutti gli altri esponenti del filone, e ne è forse il migliore dai tempi del primo Hunger Games.
Inutile negare che le critiche abbiano qialche argomento. La fonte è l'ennesimo romanzo 14-18 e il primo quarto d'ora di film, con la presentazione dettagliata di un universo schematico e derivativo, è effettivamente una sofferenza. A mente fredda, visto quel che segue, sembra però che il bombardamento di informazioni serva al duplice scopo di chiarire il prima possibile l'appartenenza al genere (il patto col diavolo, cioè la produzione che vuole incasso sicuro e lo cerca dando al pubblico un mondo familiare) e contemporaneamente darci le linee guida in fretta e furia per passare subito a ciò che i creatori hanno davvero a cuore: i personaggi.
Passato quello scoglio il film diventa un eccellente road-movie adolescenziale, completamente dedicato al suo quartetto di giovani protagonisti. Un'eroina (interpretata da Amandla Stenberg, la Rue di Hunger Games) dolce e remissiva ma capace di sfumature insospettate di saggezza e crudeltà; una bimba orientale (Miya Chech) che non parla mai, dolcissimo ed espressivo deus ex-machina in tante situazioni e insieme vero e proprio personaggio; un nerd sarcastico e irresistibile (Skylan Brooks); e un autentico cavaliere in armatura, che può ricordare per il rispetto che ispira il giovane River Phoenix di Stand by Me e a cui lo sconosciuto Harris Dickinson presta un volto degno degli eroi del romanzo classico americano. Stereotipi? Forse, ma del genere che ci ricorda perchè certi "tipi" hanno avuto la forza e la longevità per imporsi come tali.
Prima di correre di nuovo un po' troppo nel finale, insomma, il film trova un respiro e un'umanità che non solo si lasciano alle spalle lo schematismo dei primi minuti, ma prendono le distanze da un genere che di quello schematismo ha fatto, spesso semplicisticamente, un'occasione di immediatezza. E trova la propria immediatezza in altro: nelle incredibili (seppur rare) scene d'azione, vedere per credere l'inseguimento - tecnicamente difficilissimo - fra il furgone e le due macchine a mezz'ora circa del film; nell'efficacia di dialoghi sempre ritmati e vivi; nell'interessante dualismo fra la protagonista e il cattivo; nella semplicità classica del suo struggente romanticismo, che purtoppo non sta venendo capito. Ora tocca a voi.