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TRA STORIA E FUTURO. POLITICHE PER UNA REGIONE SMART

Il modello emiliano, e le sue metamorfosi davanti alla crisi

di Maria C. Fogliaro, 23 gennaio 2016.


Tra storia e futuro. Politiche per una regione smart (a cura di Vittorio Capecchi, Sergio Caserta, Angiolo Tavanti, il Mulino 2015, pp. 288, euro 23) raccoglie i risultati di una ricerca sullo sviluppo e le trasformazioni dell’economia in Emilia-Romagna da una prospettiva che si propone come alternativa ai valori neoliberisti oggi imperanti. Del libro si è discusso a Bologna il 21 gennaio in un incontro dal titolo Ricerche e forme associative per una Regione rinnovata, organizzato presso la Biblioteca dell’Archiginnasio dall’Associazione Valore Lavoro e coordinato da Luisa Marchini (presidente della Società di Lettura − Biblioteca dell’Archiginnasio).


Progettata come «ricerca azione» − secondo la metodologia inaugurata da Kurt Lewin − e basata su interviste e video-interviste qualitative ad alcuni fra i principali attori economici regionali, la ricerca è un tentativo di individuare la strategia più efficace per fare dell’Emilia−Romagna una regione «intelligente, compatibile e inclusiva» − come indicato nel programma-quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020, entrato in vigore il primo gennaio 2014 −, e in grado di affrontare la competizione mondiale. Tenendo conto del nuovo scenario apertosi con il montare della crisi economica globale, la ricerca si è poi proposta di esaminare − anche grazie alla partecipazione attiva del gruppo Innovanet di CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) di Bologna − i nuovi cluster di imprese di successo nella regione, «che realizzano prodotti e servizi lungo le linee dell’innovazione tecnologica».


Secondo Vittorio Capecchi, per sostenere la concorrenza è necessario che le imprese della regione imparino a fare «rete», puntando sulla convergenza di tutta una serie di attori (regionali e intermedi, soprattutto) e di micro-attori collettivi (comuni, scuole superiori, associazioni imprenditoriali, Fab Lab, ecc…) «che sono la forza di questa regione», anche in quanto portatori dei valori di un territorio che si è sviluppato lontano dalle logiche neoliberali oggi dominanti. Come ha affermato nel corso dell’incontro Vincenzo Colla (segretario generale CGIL − Emilia-Romagna) «in Emilia Romagna si può ancora dire che c’è un tratto keynesiano, olivettiano, e che rimanda all’esperienza della Flm (Federazione lavoratori metalmeccanici, ndr)», come dimostrano non solo alcuni accordi-pilota, come l’accordo Ducati/Lamborghini, ma anche il fatto che «in questa regione si sia firmato un Patto per il lavoro (…) che ritengo essere non solo una scommessa, ma uno specifico tratto della cultura emiliana, (…) che dà il senso della forza del lavoro in questa regione».


Daniele Vacchi (Gruppo IMA), nel suo intervento, è ritornato sulla specificità culturale emiliana e sull’importanza che il lavoro ha in quella struttura economica complessa che è il distretto della meccanica, una realtà in grado di generare, attraverso forme di collaborazione unica (il cui principale punto di forza risiede nella qualità dell’apporto individuale), sempre nuova ricchezza. Forti della consapevolezza che dietro il successo anche internazionale del distretto c’è «un sistema culturale, sociale, amministrativo che funziona piuttosto bene», le aziende leader nel settore dell’automazione industriale hanno dato vita all’associazione E.R.-AMIAT (Emilia-Romagna Advanced Mechanics and Industrial Automation Technology), che si è fatta portavoce in Europa di una propria agenda strategica − con l’obiettivo di integrare quella tedesca contenuta in Industry 4.0 −, che chiede di porre al centro «del sistema europeo che deve finanziare la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo una dimensione etica», in grado di favorire la nascita di un nuovo tipo di relazioni fra cittadini e industria.


Questo è il nodo fondamentale che è alla base del Patto per il lavoro. Come afferma Patrizio Bianchi (assessore per il Coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, Università, ricerca e lavoro), contro «l’idea che si è dimostrata assolutamente perversa che si potesse fare sviluppo senza lavoro e che si potesse fare ricchezza senza industria (…), oggi quello che conta è la qualità del lavoro». È l’idea di una società rivolta al lavoro che torna ad essere cruciale nel Patto per il lavoro, che si riafferma parallelamente all’idea che «l’unico modo per crescere non è ridurre i diritti, ma valorizzarli» e investire sulla ricerca e sulla formazione professionale, sia di base sia avanzata. L’importanza delle «reti» d’impresa e degli investimenti sull’innovazione, sulla formazione, sull’internazionalizzazione è stata affermata da Lorenzina Falchieri (presidente Unione Produzione CNA Bologna), che ha rilevato come la crisi per molte aziende che hanno saputo riconvertirsi e aprirsi ai nuovi scenari si sia trasformata in un’opportunità.


La ricerca ha documentato un insieme di esperienze positive, poiché − sottolineano gli Autori − si è basata su un campione di imprese «qualitativo», in cui a essere esaminate sono state piccole e medie imprese d’eccellenza nate all’interno di uno specifico contesto sociale, culturale, amministrativo e industriale qual è quello emiliano-romagnolo. Certo non sfugge il fatto che il contesto nazionale e internazionale è oggi dominato dalla doxa neoliberale e ordoliberale, che sta impoverendo e frammentando le società europee, infliggendo colpi fatali a tutto il progetto socio-politico moderno e ai suoi pilastri fondanti (il soggetto, lo Stato, i partiti, il Welfare); che la recessione non ha risparmiato nessuna area geografica, inclusa l’Aemilia felix e le sue imprese; che la disoccupazione è vertiginosamente aumentata e la base produttiva si è ristretta. Insieme al venir meno di un ethoscomune, sotto il peso della crisi rischiano di crollare (come testimonia anche l’alto tasso di astensionismo in regione nelle ultime tornate elettorali) il legame sociale, il civismo e la partecipazione. Ragione di più, ci pare, perché l’orgogliosa coscienza “regionale” che si manifesta in questa ricerca sia la guida per tutti gli attori politici economici e sociali che si trovano, in Emilia-Romagna, ad affrontare le sfide della crisi neoliberista che non passa.


Vittorio Capecchi, Sergio Caserta, Angiolo Tavanti, Tra storia e futuro. Politiche per una regione smart. Una ricerca sulle trasformazioni dell'economia in Emilia-Romagna (il Mulino 2015, pp. 288, euro 23).

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