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Un mondo a parte

Aggiornamento: 8 apr

di Luigi Ercolani



Che taluni esseri umani abbiano verso determinate materie un orientamento che si colloca tra l'ingenuo e l'ideologico non lo scopriamo certo oggi. Anzi, l'argomento è stato storicamente trattato in alcuni libri, il più famoso dei quali è Candido, o l'ottimismo (1759) di Voltaire.

Esattamente come l'eponimo di quest'opera, anche il maestro Michele di Un mondo a parte crede, dopo aver ottenuto un trasferimento sulla montagna abruzzese, ritiene di aver finalmente trovato il migliore dei mondi possibili. Ecologista convinto, desideroso di spingere i propri alunni a prendere a cuore la questione della salvaguardia dell'ambiente, il protagonista del film di Riccardo Milani si scontra tuttavia con una realtà ben diversa rispetto a quanto immaginato.

Quello in cui si trova non è infatti un mondo dei sogni, un luogo incontaminato dove l'essere umano si riconcilia pacificamente con la natura, rievocando il mito teorizzato da un altro illuminista, Rousseau. Al contrario, quello a cui lui stesso ha scelto di aderire è, appunto, un mondo a parte, fatto di dinamiche aspre che fanno a pugni con l'approccio semplicistico inizialmente tenuto dallo stesso Michele.

La principale chiave di lettura di questo film è proprio lo scontro tra questi due punti di vista: da una parte c'è quello ideologico, tenuto da chi vive in città e che, magari sfibrato dalle difficoltà presenti nell'ambiente urbano, ha mitizzato quello campagnolo; dall'altra, invece, c'è una quotidianità ruvida e disillusa, che non fa sconti e bada anzitutto al sodo, a mettere insieme il pranzo con la cena. È il problema atavico di abitare stabilmente in luoghi paesaggisticamente incantevoli, ma la cui abitabilità è messa a dura prova dalle intemperie.

In un ambiente tanto problematico, le comunità divengono società di mutuo soccorso, in cui in nome della sopravvivenza collettiva si è obbligati a portarsi aiuto vicendevolmente. Per entrare pienamente in simbiosi con questo mondo a parte, tuttavia, il protagonista avrà bisogno di un cambio di habitus mentale, abbandonando il sé di prima per abbracciare la realtà in cui ha lui stesso deciso, pur inconsapevole dei disagi, di immergersi.

Per camminare, tuttavia, una comunità ha bisogno di punti di riferimento, di istituzioni. Qui nasce il secondo filone tematico proposto da Riccardo Milani, ovvero quello dell'importanza della scuola non solo come fulcro di aggregazione, ma anche come vero e proprio cuore che irrora la vita della società, e la cui soppressione porta quest'ultima alla morte.

In tale contesto l'istituzione scolastica diventa contemporaneamente un pronto soccorso, una seconda famiglia ed un'alternativa a quella rassegnazione che prende il cuore dell'essere umano quando sente che le difficoltà sono superiori alle forze di cui esso dispone. Proprio per questo, il regista pare quasi suggerire come sia necessario lottare per dare una speranza alla comunità, valorizzando il territorio e dando un motivo per rimanere anche a chi vorrebbe andare via perché logorato dalle condizioni di vita tanto dure.

Un mondo a parte assume inoltre anche un secondo livello di lettura “macro”, oltre a quello “micro”. Che la crisi della scuola coincida con la chiusura del paese non pare valere infatti solo per i piccoli borghi, ma anche complessivamente per uno Stato che non può permettersi di trascurare le condizioni della formazione di quelli che saranno, in fondo, i suoi futuri cittadini, pena l'essere inghiottito anch'esso dalla crisi.

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